Dieci tesi per l'università

 
3. Promuovere la libertà e il pluralismo nella ricerca

Nel campo della ricerca le scoperte scientifiche d'importanza fondamentale – salvo pur notevoli eccezioni – si sono giovate della libertà accademica e di un virtuoso trinomio ricerca-formazione-didattica almeno temporaneamente sganciato da scopi immediati, che difficilmente può riprodursi in toto nei laboratori industriali, sui quali gravano in prima istanza legittime necessità commerciali. Anche la ricerca, dunque, per poter continuare ad esercitarsi, deve poter continuare a contare sulla libertà svincolata da ipoteche meramente produttivistiche. È bene che i risultati delle ricerche, in ogni campo, siano valutati e non sfuggano alla possibilità di controllo; docenti e ricercatori universitari non pretendono alcun tipo di immunità e non temono, ma anzi auspicano, forme adeguate di verifica. Al tempo stesso, richiedono una maggiore trasparenza circa gli scopi e i metodi della valutazione. Rendere conto dei risultati del proprio lavoro è un dovere, ma non si può pensare che tutti i tipi di ricerca possano essere misurati con gli stessi metri di valutazione; tanto meno si può pretendere la quantificazione derivante da asettici procedimenti algoritmici.

La libertà e il futuro della ricerca sono garantiti dalla necessaria pluralità degli approcci e delle metodologie. Inoltre, la logica della ricerca non sopporta una pianificazione assoluta, né rigidi piani di lavoro triennali o quinquennali: se non si è aperti alla dimensione dell'evento, di ciò che non è progettabile o prevedibile, non si dà vera scoperta o vero incontro con un sapere, ma mera proceduralità e applicazione di protocolli basati su binari predeterminati con l'unico fine di migliorare il posizionamento dell'Università nei ranking internazionali – che spesso differiscono tra loro, essendo non poco convenzionalistici e opinabili – e il mero capitale reputazionale.

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