Dieci tesi per l'università

 
1. L'università del futuro non è un'azienda

Uno dei rischi che ha accompagnato molti dei processi che hanno agito sull'università pubblica nei primi vent'anni del XXI secolo è stato quello di una sua progressiva trasformazione in senso aziendalistico-gestionale. Ogni singola Università è di fatto divenuta un player nel mercato globale della conoscenza e della formazione retto dai principi di concorrenza e di competizione. Il gergo economicistico e del management si è ben impiantato nel discorso universitario modificandone natura, scopi, finalità, condotte. Le studentesse e gli studenti vengono sempre più considerati in termini di clienti e l'idea della cosiddetta customer satisfaction pare diventare la modalità principale di organizzazione e di valutazione della vita accademica. Noi intendiamo rivendicare l'importanza, non passatista o conservatrice ma che riconosce le sfide del tempo presente, di una vera universitas non strutturata dalla logica che regge l’impresa economica.

È necessario mantenere viva una riflessione critica sul modello di università come “agenzia” da cui acquistare prestazioni e contenuti, regolata e definita dalle esigenze del mercato globale della conoscenza più che da quelle formative, culturali e scientifiche. Riteniamo dunque di dover mantenere una capacità di critica e di intelligenza vigile circa il principio della massimizzazione del profitto che di fatto è esondato dal proprio alveo naturale – l’economia reale – per interessare ormai ogni segmento della prassi umana e sociale, inclusa la formazione, modificando in tal modo alla radice la vocazione storica delle istituzioni formative. Questa non può e non deve essere intesa come un'essenza immodificabile, ma neppure come un fardello divenuto privo di senso. L'università-azienda nega alla radice l’idea di formazione e di scienza intesi come beni pubblici non riconducibili ai principi di valorizzazione economica propria dei beni di mercato.

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